La casa appartiene al periodo storico di completamento dei lavori di riqualificazione della riva sinistra dell'Arno. Dal 1869, infatti, Firenze era capitale d'Italia e tutta la città era impegnata in un rinnovamento urbanistico, il cosiddetto “Risanamento”, ovvero la rinascita borghese della città: furono creati i lungarni; sulla riva destra, al posto delle mura trecentesche, furono aperti i viali di circonvallazione alla maniera dei boulevard; sulla riva sinistra fu tracciato, snodandosi sulla collina di San Miniato, il Viale dei Colli, una via panoramica alberata lunga 8 chilometri, al cui culmine fu realizzato il piazzale, quale terrazza panoramica privilegiata sulla città. In quegli anni il nonno del mio bisnonno, Cellerini Pietro, all’epoca direttore dell’opera del Duomo, costruì un edificio posto in via Erta Canina 10 (era l’allora numerazione) che comprendeva l’attuale edificazione in via Erta Canina 20 e quella in via Erta Canina 18. Ancora oggi è visibile la firma, con le iniziali del nonno del mio bisnonno, su una trave che sorregge il tetto. L’attuale appartamento, divenne proprietà unica del mio bisnonno, Cellerini Giovanni, agli inizi del 1930. In seguito, nel 1935, venne costruita la cucina e da allora, la casa ha l’aspetto originario. In quegli anni la casa divenne la sartoria dove principalmente lavorava e progettava i vestiti la mia bisnonna Giulia. Lei era stata dipendente della storica Sartoria Marinelli e fu incaricata come sarta personale della futura “Regina di Maggio”, Maria José del Belgio, nel periodo in cui studiò a Firenze al Poggio Imperiale. La seconda guerra mondiale portò via molte risorse alla famiglia. Il mio bisnonno fu richiamato alle armi e il mio nonno Mario Cellerini, promessa del pattinaggio, dovette pure lui partire per il fronte. La mia bisnonna, nonostante la solitudine e le leggi fasciste, nascose in casa più di 60 ebrei nella parte seminterrata. Visse i 5 anni di guerra fingendosi pazza e, grazie a questo stratagemma, non ebbe alcun controllo salvando, così, molte vite umane. Finita la guerra ai miei bisnonni venne l’idea di acquistare un fondo in via Monte alle Croci e tutta la famiglia, compresi i miei nonni, iniziò a svolgere l’attività di sartoria. Il sarto della famiglia divenne mio nonno, Cellerini Mario, che trasformò l’appartamento nel suo personale laboratorio. Nel piano seminterrato venivano progettati vestiti, sopra un vecchio tavolo che poi serviva alla famiglia per riunirsi alle ore dei pasti. E mentre mio nonno tagliava, mio padre, spensierato come tutti i bambini, si divertiva a correre col triciclo nella stanza, passando spesso sotto quel tavolo.